Le mie finestre rotte

Le mie finestre rotte

La legge delle finestre rotte

In un libro che ho letto di recente mi sono imbattuto in un concetto affascinante: la legge delle finestre rotte.

L’idea è semplice: se in un contesto sociale compaiono delle finestre rotte, con il tempo sarà sempre più probabile che se ne rompano altre.

L’autore applicava questo principio al mondo del software, in particolare al copia-incolla di codice non ottimale. Invece di migliorare il codice, si finisce per duplicare classi e funzioni, pensando di guadagnare tempo, quando in realtà si accumula debito tecnico senza rendersene conto.

Questa teoria mi ha colpito molto, perché può essere paragonata alle cattive abitudini che tendiamo a mantenere senza sforzarci di correggerle.

Come diceva saggiamente DC a proposito di Jon Jones:

“Se certi atteggiamenti li vediamo come errori, dobbiamo essere bravi a non ripeterli, altrimenti non sono errori”

Per non restare troppo sul generico, voglio condividere alcune delle mie “finestre rotte” che ho provato a riparare.

Il blog

È passato più di un anno dal mio ultimo articolo (al netto di un errore di deploy di ieri). Una delle ragioni è che ho cercato di dedicarmi di più all’università e di gestire meglio il tempo libero, ma credo anche di aver sbagliato approccio.

Mi concentravo soprattutto sulla scrittura di articoli puramente tecnici: temi interessanti, con titoli di cui sono ancora orgoglioso. Tuttavia, penso che così si sia un po’ perso il senso del blog. Questo sito si chiama marcomontorsi.com: chi vuole approfondire argomenti tecnici o teorici può facilmente trovare risorse online o chiedere a un LLM, che saprà dare risposte ben più esaustive.

A mio avviso, un blog ha senso quando racconta esperienze o opinioni personali. E diciamocelo: il mio blog non ha un pubblico numeroso in attesa spasmodica di articoli tecnici.

Soft Skills

Fino a qualche anno fa consideravo le soft skills come secondarie — un atteggiamento tipico di chi ha una formazione molto tecnica e pensa che la competenza specialistica sia tutto, sminuendo il resto.

Col tempo però mi sono ricreduto: la comunicazione all’interno del team è fondamentale, e ho potuto constatare la differenza enorme tra un gruppo coeso e uno diviso e teso.

Oggi, in un’epoca in cui i vari LLM hanno ormai raggiunto una conoscenza tecnica vastissima, il punto non è più il confronto, ma come saper convogliare e gestire questa conoscenza.

Il modello del tecnico che ignora l’ambiente e lavora isolato secondo me è superato: un team ben organizzato, con senior e junior che collaborano nel modo giusto anche grazie all’AI, può essere fino a 5 volte più produttivo di un singolo lone strong developer.

Finestre integre

Impatto AI

Su questo punto sento di poter dire che la mia previsione di qualche anno fa è ancora valida, anzi: una finestra ben chiusa con doppi vetri.

Già allora sostenevo che l’AI sarebbe stata una rivoluzione, ma che avrebbe soprattutto automatizzato molti processi senza sostituirci.

La penso tuttora così. Negli ultimi tempi ho provato diversi modelli, tra cui Claude Code, davvero potente. Eppure ne ho visto anche i limiti: per un progetto universitario in AMPL, ad esempio, generava continue allucinazioni, probabilmente perché manca abbastanza materiale online su quel linguaggio.

D’altra parte, quando so cosa voglio fare e ho chiaro l’obiettivo, l’AI mi aiuta a scrivere codice molto più velocemente, aumentando la produttività. Inoltre mi permette di chiarire dubbi e risolvere domande in modo rapido e diretto.

Conclusioni

Spero che al lettore non resti l’impressione che io voglia promuovere una sorta di politica del “grind estremo”, quella che spesso vediamo oggi sui social, dove si esalta l’idea di lavorare fino allo sfinimento, disprezzando i modelli più equilibrati come il classico 9-to-5.

Al contrario, quello che vorrei trasmettere è un messaggio diverso: credo che stiamo entrando in un periodo storico in cui la barriera d’ingresso all’apprendimento si sta abbassando enormemente. Avremo la possibilità di imparare molto più facilmente e molto più in fretta rispetto al passato.

Questa opportunità dovrebbe essere vista come uno stimolo, non come un peso: possiamo aprirci a nuove competenze e a nuove esperienze senza necessariamente cadere nell’ossessione del “fare di più a tutti i costi”.

E allora la metafora può chiudersi così: teniamo le porte aperte alle nuove occasioni, ma lasciamo le finestre ben chiuse

E direi che con quest’ultimo richiamo alle finestre posso finire l’articolo.

A presto :)